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Osteoporosi: farmaci testati nella spazio

Talvolta la gente si chiede lo scopo dell’esplorazione spaziale. Oltre a soddisfare una naturale curiosità insita nella natura umana vi sono anche degli scopi pratici. Speso la tecnologia sviluppata per le missioni extraterrestri ha avuto notevoli applicazioni pratiche: una tra tutte è l’utilizzo del teflon per fabbricare le pentole antiaderenti.

Col tempo si è andati oltre ed ora vengono programmati veri e propri esperimenti in assenza di gravità che vanno dalla coltivazione delle piante alla sintesi di materiale, dallo studio del clima allo sviluppo di terapie mediche. Proprio di quest’aspetto trattiamo in questa sede.

Il corpo degli astronauti, come qualunque altra forma biologica nello spazio, si trova in condizioni fisiche totalmente diverse dalla terra e vengono studiati per capire i processi fisiologici che ci governano. Si pensi al comportamento dei fluidi nel nostro corpo, tra cui il sangue, in assenza di gravità ed il conseguente impatto sul battito cardiaco.

Assenza di gravita ed apparato muscoloscheletrico

Nello spazio i muscoli si indeboliscono e la densità ossea cala. La ricerca ha già identificato in una rigorosa attività fisica un’utile risposta al primo problema ma non al secondo. Risolvere anche questo aspetto è cruciale per i viaggi spaziali di durata più lunga, si pensi a quello verso Marte, e per limitare le difficoltà al rientro sulla terra. La connessione tra questo aspetto e gli interessi “terrestri” è l’osteoporosi. Per questo è stato messo appunto un esperimento con cavie che possa essere utile a tutti.

L’esperimento Space Shuttle 2011

Lo scopo della ricerca è identificare un modello che permetta di prevedere le reazioni del nostro corpo all’ambiente spaziale ed alle potenziali contromisure. A questo scopo sono stati mandati sulla stazione spaziale due gruppi di topi:

  • Gruppo trattato con l’antagonista della sclerostina il giorno prima della partenza (gruppo che chiameremo per comodità 1E);
  • Gruppo del tutto simile all’1E ma trattato con placebo al posto del principio attivo(2E).

Sulla terra sono stati tenuti due gruppi, 1T e 2T, equivalenti.

La sclerostina è una proteina naturalmente prodotta dal nostro corpo con lo scopo di bloccare la produzione di nuovo osso. L’antagonista usato ha lo scopo di inibire questo segnale. Si sa che la sclerostina è attivata dal carico sulle nostre ossa ma quello che non è chiaro se un’ulteriore inibizione in presenza di microgravità possa condurre a maggiore produzione di tessuto osseo.

Le attese erano di riscontrare nel gruppo 1E minore perdita di densità ossea rispetto al 2E.

Al fine di curare l’osteoporosi, l’esperimento nello spazio non era strettamente necessario ma utile a capire i comportamenti di base del nostro corpo.

L’inizio della missione è stato traumatico per i roditori. Oltre allo shock del lancio hanno dovuto imparare a muoversi, mangiare e bere in microgravità, cosa che è avvenuta.

Il risultato

Il gruppo 1E ha aumentato la formazione ossea e la sua resistenza in analogia al gruppo 1T rispetto ai gruppi 2E e 2T. Questo ha confermato ai ricercatori che la risposta biologica è sulla terra come nello spazio.

Farmaci anti osteoporosi e missioni spaziali

L’esperimento descritto è il terzo della serie mentre il primo aveva già permesso di mettere in commercio una molecola, l’osteoprotegerina, in un primo momento esclusivamente per donne in post-menopausa con alto rischio di frattura. In seguito il farmaco è stato esteso a donne e uomini con alto rischio di frattura sotto trattamento contro cancro al seno ed alla prostata, rispettivamente.

Lo studio dell’antagonista della sclerostina è in studio avanzato e molto promettente nel recuperare condizioni di gravi fragilità ossee.

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